Il genitore, dopo una prima fase di disorientamento che a volte può durare anche molto a lungo, quasi sempre comprende da solo che le difficoltà del figlio sono dovute a qualche problema indipendente dalla sua volontà. Non sa bene quale possa essere la causa, ma, sicuramente imputa meno colpe al figlio e comincia a cercare risposte rivolgendosi a qualche specialista.

Spesso, solo la tenacia del genitore nel cercare una risposta convincente ai problema con cui si confronta quotidianamente, porta alla diagnosi corretta.

Diventa quindi legittimo chiedersi come fa un genitore a riconoscere la diagnosi giusta: egli non solo non è un medico o uno psicologo, ma si potrebbe anche dire che va alla ricerca della spiegazione che più confermi le sue convinzioni e quindi ricerchi una diagnosi di comodo. In realtà il genitore ha dovuto cambiare le sue convinzioni più volte di fronte alla dura realtà dei problemi del figlio, e si ferma nella ricerca quando incontra lo specialista che, sulla base della valutazione del bambino, sa ricostruire tutti i comportamenti che egli presenta a scuola e a casa.

In altri termini il genitore accetta la spiegazione quando scopre che dall’altra parte c’é che descrive il problema nel modo in cui egli lo vive quotidianamente e sa dunque comprendere il suo smarrimento e la sua pena. A quel punto il genitore si sente compreso e rassicurato, capito e accettato e smette di cercare altri pareri.

Di seguito si propongono alcuni suggerimenti per capire, da genitore, se si è sulla strada giusta per comprendere il proprio figlio e le sue difficoltà.

La prima buona regola è quella di cercare e ritrovare nelle parole dello specialista una fotografia fedele di quello che succede a casa, nella vita di tutti i giorni. I Disturbi dell’Apprendimento sono legati a funzioni specifiche che sono implicate nelle attività alla base del disturbo stesso; le Funzioni Esecutive o FE, sono abilità cognitive superiori come attenzione, capacità di inibizione, pianificazione, memoria ecc. Chi vi parla di motricità o di gattonamento, chi si sofferma troppo sulle relazioni fra genitori o fra fratelli, oppure sulle motivazioni personali e trascura di citare funzioni come linguaggio, percezione visiva, memoria, attenzione, ha una visione non scientificamente aggiornata del problema e si riferisce a modelli basati sul senso comune o comunque superati dalle ricerche di questi ultimi decenni.

La seconda buona regola riguarda la riduzione dei tempi di diagnosi. Quando il genitore osserva un problema che persiste oltre i primi sei mesi di scolarizzazione deve rivolgersi il prima possibile a specialisti che operino nel campo dei disturbi dell’apprendimento.

La terza buona regola è quella di contattare le associazioni che si occupano di questi problemi. L’Associazione Italiana Dislessia (AID) è presente su tutto il territorio nazionale ma, ad oggi, molte altre sono presenti e di livello eccellente. Alcune associazioni sono costituite da clinici e studiosi del problema sempre pronti a dare suggerimento e indicazioni; altre sono costituite da genitori che hanno o hanno avuto esperienze dirette con queste problematiche e hanno un grande ruolo nell’aiutare le famiglie a trovare un valido aiuto, sia per la fase diagnostica che, successivamente, per quella riabilitativa.